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Storie da una Roma Ribelle: Gli espropri di massa contro il carovita nel luglio 1919.

Storie da una Roma ribelle:
Espropri e saccheggi contro il carovita (luglio 1919).
Edit: Info.Shop

Terminata la prima guerra mondiale, in Italia, esplodeva la crisi sociale. Le drammatiche condizioni economiche vissute dalla popolazione si risolvevano in una spirale rivendicativa generalizzata che impedì la ripresa di ogni normalità produttiva. Pur di evitare il crescendo della mobilitazione sociale, la Confederazione Generale del Lavoro (Cgdl) e la Confederazione dell'Industria Italiana, nel gennaio 1919, raggiungevano un accordo piuttosto vantaggioso per i lavoratori, in cui i padroni cedevano su importanti questioni, come quella delle 8 ore di lavoro giornaliere. Ma il concordato non riuscì a sedare la diffusa protesta operaia; subito dopo, entravano in sciopero alcuni dei più forti sindacati nazionali, come quello degli insegnanti, dei metallurgici, dei tranvieri, dei tipografi e altri. Le piazze si riempivano di popolo, spesso tumultuante, ispirato da un generico quanto sentito e concretamente conflittuale Facciamo come in Russia!
La città di Roma, chiusa la parentesi bellica, era piegata da una vasta disoccupazione. Le attività dei partiti sovversivi riprendevano per il ripristino per le pubbliche libertà intrecciandosi con le sempre più numerose mobilitazioni di piazza per il lavoro. Alcuni incidenti con i regi carabinieri si verificarono dalle parti del Colosseo durante un corteo di disoccupati alla fine del 1918. Nelle settimane successive, alcuni importanti sindacati cittadini, tra cui l'Unione Emancipatrice dell'Arte Muraria (in quel periodo federata alla sindacalista rivoluzionaria Unione Sindacale Italiana - Usi), la FIOM e il Sindacato dei Falegnami approvarono un documento proposto dagli anarchici per l'esproprio degli stabilimenti produttivi e la loro riconversione sociale e civile delle industrie. In quei giorni, a Roma, era presente anche Armando Borghi, dirigente nazionale dell'Usi, per trovare un'intesa con i socialisti massimalisti per la costituzione di Comitati Operai Espropriatori.
La CgdL, il PSI romano e i repubblicani si rifiutavano di proclamare lo sciopero generale cittadino, come richiesto dal Fascio Comunista Anarchico del Lazio, nel timore che l'agitazione dei senza lavoro potesse sfuggire da ogni controllo. I Circoli anarchici rionali presero invece l'iniziativa, organizzando, nel giugno 1919, una violenta campagna contro il caro-vita, che terminò in violenti incidenti a Trastevere e Trionfale, con saccheggi e assalti agli esercizi alimentari e ai forni.
Le agitazioni di piazza portarono il Campidoglio a imporre il calmiere sui prezzi degli alimenti di prima necessità, ma la maggioranza dei commercianti non ne volle sapere e decise per la serrata. Alla popolazione, esasperata, il gesto sembrò una vera e propria provocazione. La reazione fu violenta. Assalti ai forni si verificarono il 6 luglio in diversi quartieri popolari. In seguito a una breve tregua, la rivolta riprendeva tre giorni dopo, con maggiore determinazione. Nel quartiere Esquilino si verificarono gli incidenti più gravi. Alcune barricate furono erette in via Lamarmora, poco distante dal teatro Ambra Jovinelli; i carabinieri non gestendo più la situazione persero la testa e aprirono il fuoco contro i dimostranti, uccidendo tre operai e ferendone un'altra decina.
La protesta dei senza lavoro e degli affamati veniva repressa nel sangue. Iniziava così, anche a Roma, un periodo di vaste lotte sociali e di tentativi insurrezionali, meglio noto come il Biennio Rosso. 

A cura dell'Info.Shop/Biblioteca “laTalpa”


Per approfondire: 
- R. Carocci, Roma sovversiva. Anarchismo e conflittualità sociale dall'età giolittiana al fascismo (1900-1926), Odradek, 2012.
- P. Salvatori e C. Novelli, Non per oro ma per libertà. Lotte sociali a Roma (1900-1926), Bulzoni,1993.
- V. Gentili, Roma Combattente. Dal Biennio rosso agli Arditi del Popoli, Castelvecchi, 2010.

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