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Storie da una Roma Ribelle: I 100.000 contro il nucleare (10 maggio 1986)

Dopo e prima Cernobyl l'Italia è percorsa da un susseguirsi di lotte per la difesa del territorio: da quella contro le discariche a quella contro il nucleare, arrivando fino in Veneto nella mobilitazione per bloccare gli inceneritori.

Il 10 maggio nelle strade di Roma ci sono moltissime organizzazioni da quelle più istituzionali alla ricerca di consensi elettorali a quelle antagoniste e di movimento.

Secondo radicali, verdi e fgci, serebbe dovuta essere una marcia pacifica, ma invece è un esplosione di cori contro l'ENEL e l'ENEA , e sopratutto contro il piano nazionale per l'energia e contro il governo.

Durante il percorso, lo spezzone antagonista riempito dai comitati contro il nucleare, dai lavoratori, dai comitati di studenti medi ed universitari, si stacca dal percorso e dal resto del corteo per dirigersi verso la sede dell'ENEL e dell' ENEA.

È proprio contro questi due enti responsabili dell'elaborazione del piano nucleare che più di 5.000 persone iniziano una folta sassaiola, che sfocia poi con uno scontro con le forze dell'ordine.

Stessa scena si vede riproposta quando il corteo arriva sotto la sede della Democrazia Cristiana anch'essa responsabile di aver organizzato la nuclearizzazione del territorio nazionale. 

La giornata del 10 maggio è importante non solo per la portata politica che ha avuto per il movimento anti-nucleare, ma anche perchè dimostra che uscire dal recinto della protesta pacifica e silenziosa è possibile e che quando la gente compie questo passo e ne prende consapevolezza moltipilca la propria forza, diventando ingovernabile per la politica capitalista della classe dirigente.

Nella storia del movimento anti-nucleare degli anni '80 questa giornata viene ricordata per essere stata un momento decisivo di radicalizzazione della protesta, e lo smarcamento del movimento dalla politica istituzionale che per anni ha gestito la questione energetica come ricerca di consenso elettorale.

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