Passa ai contenuti principali

Italia signora della guerra ... alcuni dati.

 «Le nostre produzioni si basano su una grande specializzazione, il che significa forza lavoro stabile e ben remunerata, con un fulcro generatore tutto italiano: la nostra industria non importa se non alcune, poche, materie prime, mentre esporta il 90% di quello che produce con un effetto moltiplicatore sulla ricchezza dell’Italia che non può essere sottovalutato». [Nicola Perrotti, presidente dell’ANPAM, l’Associazione Nazionale Armi e Produttori, 2013].
Visto che il mondo continua ad essere devastato dalle guerre, è bene pubblicare questi dati che riguardano il peggio dell’Italia, una nazione che si riempe la bocca di parole come pace e cooperazione e vanta una produzione e commercializzazione d’armi spaventosa.
È bene che sappiate come si guadagna il grosso dei suoi soldi l’Italia e cosa ne pensa di bombe, missili, fucili d’assalto, armi chimiche, caccia bombardieri e carri armati la classe dirigente del nostro paese.
È bene che sappiate quanta falsità e quanto menefreghismo caratterizzano le vite dei signori della guerra italiani: imprenditori del mercato degli armamenti e politici che permettono ed “autorizzano” (come recita il titolo della relazione della Camera dei Deputati pubblicato a fondo articolo) la finanziazione, produzione e commercializzazione di armi.
Attualmente sono in corso oltre 30 conflitti armati di grandi dimensioni nel mondo (senza contare guerriglie e sommosse), secondo l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP) , programma del Peace Research Institute di Oslo e l’Italia delle armi non fa altro che fomentare questo tragico quadro.
Gli articoli “Made in Italy” più venduti:  carri armati, aerei, elicotteri, navi, artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche antisommossa (venduti ai corpi di Polizia di Spagna, Romania, Brasile, Bangladesh, fra gli altri).
L’azienda più forte: Finmeccanica (9º posto nella produzione mondiale di armi) e le sue filiali:Agusta Westland, Alenia Aeronautica, Selex, Mbda. [Vedi la Relazione della Camera dei Deputati per l'elenco completo delle aziende coinvolte].
Segue il Database della Spesa Militare (Sipri, 2014) e la “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, pubblicata dalla Camera dei Deputati Italiana il 13 Giugno del 2013 (3 Volumi).
Il documento della Camera dei Deputati rende noto che la spesa dello Stato Italiano per il mercato delle armi è stato di 14.410.000.000€ nel 2013 e prevede un aumento fino a 14,5 Bilioni di Euro per il 2014 e 2015.
Vi consiglio la parte finale di ogni volume dove sono riportati nomi e numeri di bancheistituti di credito ed aziende italiane, che si dedicano ad alimentare le guerre, devastando il pianeta ed uccidendo decine, centinaia e migliaia di bambini, anziani, donne e uomini innocenti, ogni minuto che passa.
Ah, certo, dimenticavano, loro, i signori della guerra italiani (e stranieri, ovviamente) non la chiamano guerra, brutta parola, la chiamano “DIFESA”. Così, sotto la cappa dell’ipocrisia di una parola che trasmette tranquillità, moralità e responsabilità, tutto è lecito: produzione, stockaggio, commercio ed utilizzo di armi. Si tratta solo di Difesa, all’Italia non piace la guerra, tranquilli.

Post popolari in questo blog

SCIOPERO GENERALE mercoledì 25 novembre 2020

 

ARTE JUGOSLAVA

ARTE JUGOSLAVA. TERZO SPAZIO Chiara Sestili  e  Daniele Vazquez Prima rottura partigiana: dal realismo socialista alla sua dismissione  La  Jugoslavia  ha visto abbattersi sulla propria storia una doppia  damnatio memoriae . Dannata, dapprima dal blocco sovietico e dal blocco occidentale, in quanto “porta del capitalismo” per gli uni e “satellite dell’URSS” per gli altri, è stata definitivamente perduta all’oblio storico con il crollo e le guerre degli anni Novanta. Antun Augustinčić scolpisce il busto di Tito 1947 Bogdan Bogdanović con i suoi studenti Džamonja Edvard Ravnikar Picelj Bakić-Vasarely_Džamonja-primi 60_Londra Picelj e Snrec Vjenceslav Richter 1972 Vojin Bakić Numerosi equivoci ci sono stati durante il processo di costruzione identitaria e invenzione della tradizione dopo la Federazione Jugoslava, non solo storici, politici e culturali, ma anche nel campo dell’arte. L’obbiettivo di questo articolo è restituire le esperienze artistiche

IL PRODUTTIVISMO COSTRUTTIVISTA RUSSO

SOVIETICA Chiara Sestili Daniele Vazquez “È solo l’abitudine della vita quotidiana che fa apparire come cosa banale, come cosa ovvia, che un rapporto di produzione sociale assuma la forma di un oggetto”. Marx, Per la critica dell’economia politica. UN CONO D’OMBRA SULLA CRITICA DELLA VITA QUOTIDIANA: IL PRODUTTIVISMO COSTRUTTIVISTA RUSSO. Tra le esperienze del Costruttivismo russo post-rivoluzionario abbiamo selezionato quella dell’INKhUK di Mosca, l’Istituto di Cultura Artistica fondato nel 1920. Questo Istituto fu un crocevia di dibattiti teorici, pratiche artistiche e sperimentazioni nel campo della produzione industriale che hanno riguardato direttamente la trasformazione della vita quotidiana, attraverso la circolazione degli oggetti socialisti in opposizione agli oggetti-merce borghesi. INKhUK foto di gruppo con Kandinskij 1920 Gruppo di lavoro sul Costruttivismo INKhUK 20 Aprile 1921 Medunetsky, G. Stenberg, Ioganson, Gan, Rodchenko, V. Stenberg, Stepa