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Palestina: gli Anarchici contro il muro.

LA RESISTENZA NON VIOLENTA
DEGLI ANARCHICI CONTRO IL MURO

Anarchici contro il Muro (Anarchists Against the Wall) è un gruppo israelo-palestinese nato nel marzo 2003 e attivo, principalmente attraverso l’uso di mezzi pacifici, contro il muro dell’apartheid nel West Bank che ghettizza i palestinesi.

Storia del movimento
Gli Anarchici contro il Muro si costiruirono come risposta alla volontà dello Stato israeliano di costruire, all'interno dei territori occupati, il cosiddetto Muro dell’apartheid )detto anche Muro della vergogna), che impedisse ai palestinesi di circolare liberamente allo scopo di impedire il compimento di attentati in territorio israeliani. Sin da subito risultava evidente che il Muro avrebbe aumentato in maniera esponenziale i disagi dei palestinesi, molti dei quali hanno perso le loro proprietà e i loro affetti essendo stati espulsi dalle proprie case per lasciar spazio al Muro divisorio. Israele ha iniziato a costruire il Muro a partire dal 2002, risultando immediatamente che ciò si sarebbe trasformato in un enorme strumento di oppressione e portando diverse realtà anarchiche israeliane ad organizzarsi per opporsi alle autorità israeliane.
Ufficialmente gli Anarchici contro il Muro nascono nel corso di una protesta nel campo di Mas'ha da parte di attivisti\e israeliani\e. Si formarono nel marzo del 2003 nel villaggio cisgiordano di Mas'ha, dove gli attivisti si raggrupparono per formare un campo di protesta. Il campo durò 4 mesi, durante i quali fu visitato da stranieri e israeliani.
Il gruppo anarchico israeliano ha sin da subito deciso di usare la questione del Muro come catalizzatore per azioni dirette congiunte israelo-palestinesi. Il 26 dicembre 2003, l' esercito apre il fuoco su un dimostrante israeliano che manifestava pacificamente contro il Muro. Ferito alle gambe, Gil Na'amati, un israeliano-ebreo di 21 anni del kibbutz di Re'im, che aveva appena terminato il servizio militare, che tentava di smontare una porta di accesso al Muro per consentire agli agricoltori palestinesi l'accesso alle loro terre. L'incidente viene ampiamente riportato dai media nazionali, portando alla ribalta l'attività del gruppo.
Tra la fine del 2003 e l'inizio 2004, numerosi comitati popolari sono nati in molti villaggi palestinesi per protestare contro il Muro, in particolare vengono coordinate azioni dirette a Salem, Anin e Zabube. Dal 2005 il gruppo è rimasto attivo prevalentemente nel villaggio di Bil’in, divenuto un simbolo della comune lotta.
Gli Anarchici contro il Muro agiscono spesso di concerto con l'International Solidarity Movement (ISM) e\o con altri gruppi anarchici israeliani. I militanti non fanno propaganda politica tra i palestinesi ma si "limitano" ad aiutare e sostenere in tutti i modi possibili le vittime delle occupazioni colonialiste israeliane. Uno dei militanti più attivi è Uri Gordon, autore di Anarchy Alive: Anti-Authoritarian Politics from Practice to Theory (Pluto Press) e di una serie di articoli sugli anarchici Israeliani che hanno trovato spazio su The Jerusalem Post; in particolare ha avuto particolare risalto Right of Reply: Anarchy in the Holy Land!, pubblicato il 12 giugno 2007 in risposta ad un articolo anti-anarchico di Elliot Jaeger (Power and Politics: Anarchy has its place), comparso sullo stesso giornale il 23 maggio 2007.

Filosofia 
Gli Anarchici contro il Muro fondano la propria filosofia sull'azione diretta non violenta e la disobbedienza civile, in opposizione al Muro che impedisce la libera circolazione dei cittadini palestinesi. Come anarchici rifiutano qualsiasi autorità, la cosiddetta "ragion di Stato", qualsiasi fondamentalismo religioso e il nazionalismo.
In realtà il gruppo non è costituito da soli anarchici, alcuni attivisti si definiscono semplicemente antimilitaristi o obiettori di coscienza (Refusnik). 

Cosa si prefiggono i militanti degli Anarchici contro il Muro? 
«Per dedicarsi ad azioni congiunte di israeliani e palestinesi è necessario creare la base personale e relazionale che rende possibile il fare politica assieme. È necessario costruire fiducia. La gente in Europa si deve rendere conto che non usiamo la parola “Apartheid” solo come uno slogan. C’è una separazione assoluta tra le due società. Costruire relazioni personali e fiducia, che sono la base dell’azione politica, è il passo più difficile e contemporaneamente il più importante [...] Gli israeliani devono vedere l’occupazione. È impossibile e inutile raccontargliela. La maggioranza delle persone che ha fatto questa esperienza, che ha visto, ha cambiato totalmente la propria vita. Si sono sentiti chiamati a risponderne personalmente, perché è diventato per loro impossibile non sentire profondamente l’ingiustizia.» 

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